poesie vincitrici del 1° concorso di posia "Versi di Vino" 2010

 

1^ classificata sezione Lingua Italiana
UN GIORNO ALL’ANNO

Siedo alla vostra tavola imbandita
e bevo il vostro vino. Noi ci amiamo.
Anche se con rispetto. E da lontano.

Ma il vostro vino ci riscalda. E allora
ritroviamo il coraggio di parlarci
dopo un anno di attesa. Nuovamente

Siedo alla vostra tavola imbandita
un giorno ogni anno. E la complicità
del vostro vino torna a lusingarmi.

La luce di una storia vittoriana
azzurrina, un po’ torbida, sensuale
galleggia intorno ai nostri volti presi
da un misterioso rito di piacere.
Mentre il liquido chiaro impreziosito
Dai profumi del sole ci blandisce

Mentre il mio tempo scorre e me ne dolgo
ogni tanto - ma è inutile  -  ed il vostro
tempo ferocemente vi aggredisce
fino al momento in cui vi sbranerà;
ripetiamo affamati piano piano
la stessa storia sempre nuova. Mentre
sempre più affatturato è il nostro vino.

La luna verde scivola coi nostri
fantasmi in fuga verso nuove scene
nei bicchieri ora vuoti abbandonati
sulla tovaglia a fiori E ci sciogliamo

Appassionatamente mentre il giorno
lentamente trabocca in una piana
notte senza più noi felici insieme.

Senza vederci fino all’anno nuovo     
Paolo  Sangiovanni

2^ classificata sezione Lingua Italiana


ERA NEL VINO ROSSO
TRASPARENZA

Entrò il vento nel volo degli uccelli.
Il vento entrò negli occhi dei fanciulli.
Il sole fino ai pampani e nel cuore
di chicchi d’oro o neri come gli occhi
di contadine larghe ai seni   ai fianchi.

Corsa di giorni.  In alto sempre il cielo.
Ed io bambina al tempo di vendemmia
nel buio della proda ad osservare
le ciocche che cadevano dal taglio
sonoro  delle forbici lucenti.
Fiasco di vino all’ombra delle fosse.
Dai tini riso d’uva e di ragazzi.

Poi voci si smorzarono sui campi
e la striscia più azzurra nel torrente
la via trovò per ritornare al mare.

Il vino si spogliava nelle botti
come una sposa chiusa nella stanza.
E noi fanciulli scalzi sempre soli
/ alla terra affidati all’aria al  vento /
vestiva il verde l’anima e le braccia.-

Di foglia in foglia scivolato è il tempo.
Non cerco più i ricordi.   Son presenti.

La mano vedo ancora di mia madre
versare attenta il vino nel bicchiere
all’ospite sull’ora della cena
dentro la sera lunga di un inverno.
Era nel vino rosso trasparenza
il riso   l’amicizia   e quella voglia
di dirsi insieme un sogno  una chimera
o solamente un’ora di speranza.
Loriana  Capecchi



3^ classificata sezione Lingua Italiana

LO SCORRERE ROSSO DEL
MIO VINO

Questa stanza d’aria e di colori appesa
al cielo, ha l’addio dei pensieri e d’altri
giorni s’accende sugli steli del petto.
Chi bussa coi fiori d’autunno ancora intatti,
ancora virgola di tutti i nostri punti seminati,
è il mio passato pronto a resa sulla soglia del cielo.

Canto l’isola perduta tra pieghe di valigie
sempre aperte, sempre in viaggio coi treni
della notte dove porta la frenesia del cuore:
la botte segue quest’avventura tra le stelle.

E in questa cantina dai colori accesi
bevo i cento fiumi della mia gente
protesi allo scorrere rosso del mio vino.
Anche te ho amata e a te brindo mentre
scivolano gli occhi al ricordo di mio nonno
che scendeva tra i filari a contare le ceste
d’uva da appassire sui ritagli delle canne.

Sarà per questo desiderio di contendere
le voglie ai soli di Novembre se tremerà
l’estate per un’ultima ora affondata
dentro le zolle forte dei vitigni.

E bevo al profumo della tua stanza, bevo al sole
ed alle tracce delle mani su marze di creta
e paglia, bevo a questo silenzio di pietriccio e  d’orti
che tonifica la pertica dove un minuscolo cardillo
pretende di chiedere al tempo un po’ di tregua.

Ma non di parole è fatta la collina se avanza
la pioggia a tramutare in dire l’allegra risonanza
dei bicchieri, se ancora un sorso scuote i violini
dei poeti per rivelarci tutti quanti insieme.-
Benito  Galilea

1^ classificata sezione Dialetto Veneto
NEA  VIGNA

Sul vècio còe spàsia la me ànema
l’òcio se pèrde tra i filàri ordinài
dee piantesee dai bràsi destirài,
moràri e cespùi de ròse canìne
i smìssia i so profumi nel sòe;
sgiònfi i slùsega i graspi neri.

Un troduòlo sasoso tàja  e visèe
l’ària caldìna  a xe inpienà de profumi;
su lòro dea tegnòsa tèra crèa
sbàri de èrba i spunta dàe crèpe;
a vàe un torènte el pàsa chieto,
l’àqua la fa na grèsta lesìera tra i sàsi.

La coina la bàte de vita nel vènto,
i bàla i rissi pàmpani de l’ùva,
le scavajàre dee piànte e se sbàssa,
cànbia colore l’erba co le sventolàde;
nel cièo snìsio tènare nuvòe bianche

le fa da coròna a l’orisònte indorà.

Spèto, inpigrà, ne l’ùltimo sòe,
fin quàndo a lìnea dei calà,
nèta e se stàja contro el cièo celestìn.
Nèa fiàma de l’ùltima lùxe me tòrna
un vìso, un nòme; risento el saòre
salà de quel nòstro ùltimo bàso.- 
 Anna Francesca  Basso

2^ classificata sezione Dialetto Veneto
EL VECIO E EL NOVO

Do foje  inscartothade
Do rasp tondi e grossi
Na fordese tante volte usada
Do man calose

Un thest de giunco
Do thocoj fatti in casa
Una traversa a quadret
Un fathoet ligà stret

Una brenta alta e rossa
Un profumo soto tuta la tieda
Una canthon che se perde par el cortigo

La sapientha dei veci
La pasientha dei veci
Do calici de vin novo
 Maria Zamai

3^ classificata sezione Dialetto Veneto
DA  LA  UA  A
L’OMBRA
  
Na volta se sentia cantar intant che se vendemea,
un tripudio de colori era dee femene i fazolet,
intant che i grasp de ua i impenia i zest.
Soto le vide, i boce i metea
a cior su i garnei che par tera caschea.
I omeni, in caneva co le braghe tirade su,  pronti i era
a folar co i pie nudi in te la brentea.
Stonfi de sudor, profumo de most, alegria,
na festa per tuti era nel cortivo,
la colpa, l’era del vin, che te fea sentir vivo.
Tut un brusio ne la brenta granda se sentia,
che no al ‘ndese par sora, ogni tant i ‘ndea a vardar,
dopo qualche di, l’era pront da spinar.
E alora: “Toni atu serà ben al cocon?”
“si si Nani, te pol verder al spinel”
e eco che sgorga rosso o bianco de candola al vinel.
Dope le fadighe, nel cusinon,
le opere le se trova par zena,
radici, fasioi, poenta e sopressa
bagnadi da ombre, insieme na ciacolada,
strachi, ma contenti, finida le la vendemada.
Ma ancora tre quatro travasi, ghe spetta al contadin
prima de meterlo ne la bot co la gropola,
e dopo co castagne nostrane e vin,
gran baldoria a San Martin.
   Tulcea  Piai